Anziani non autosufficienti: scende in campo lo Spi Cgil Puglia

In Italia ancora non esiste una legge per gli anziani non autosufficienti, nonostante il nostro Paese sia il primo in Europa, per tasso di invecchiamento della popolazione, e il secondo al mondo, alle spalle del Giappone.
Il PNNR sta cercando di porre rimedio a questa situazione. Tra gli impegni assunti dal Governo c’è quello di dotarsi di una legge organica in materia, entro la fine della legislatura (2023).
Alla materia stanno lavorando diverse commissioni di esperti, ma il territorio non deve farsi trovare impreparato. Soprattutto le Regioni meridionali, in cui il problema è più acuto, devono avviare una riflessione.
Un forte e positivo stimolo in questa direzione è giunto dallo Spi Cgil Puglia, che nella piazza virtuale delle Agorà Democratiche ha tenuto un’approfondita tavola rotonda, con la partecipazione di rappresentanti delle istituzioni, del mondo sociosanitario e del terzo settore.
I termini del problema sono stati inquadrati da Antonella Cazzato, segretaria regionale del sindacato dei pensionati della Cgil: «Sono oltre 4 milioni di anziani italiani non sono autosufficienti, e tra loro un milione e mezzo necessita di assistenza basilare. La famiglia allargata che costituiva la risposta tradizionale non esiste più, e la famiglia nucleare è spesso caratterizzata da anziane sole. In assenza di una adeguata risposta pubblica, il problema grava quasi esclusivamente sulle famiglie, e in particolare sulle donne. L’invecchiamento sta portando alla emersione di profondi mutamenti sociali, ai quali non si può rispondere soltanto monetizzando i bisogni, con l’assegno di cura. Bisogna pensare ad una riforma organica che valorizzi il lavoro di cura e coinvolga le diverse istanze istituzionali e sociali.»
Lo Spi Cgil punta senza riserva sulla domiciliarità degli interventi: «Le persone anziane devono essere assistite a casa, fino a quando è possibile. M la domiciliarità non può ridursi soltanto all’ADI. La casa come primo luogo di cura, non può restare un’affermazione di principio, deve essere un diritto esercitabile, occorre rimuovere barriere architettoniche, garantire, l’accesso alla domotica, potenziare case famiglia e centri diurni. E il ruolo delle famiglie – ha concluso Antonella Cazzato – va riconosciuto e valorizzato, sostenendo i familiari conviventi impegnati nell’assistenza, anche con strumenti nuovi come la certificazione delle competenze ed il sostegno psicologico.»

Motivo ricorrente di diversi interventi, la necessità di fare rete, ma veramente. Michele Conversano, medico e direttore del dipartimento di prevenzione dell’Asl di Taranto ha auspicato la creazione di uno sportello unico per la non autosufficienza: «Un ufficio solo cui chiedere tutto quanto, troppo spesso si viene sbattuti da un ufficio all’altro. La legge ci vuole, ma ci vuole anche un cambio culturale, bisogna avere una percezione in anticipo delle cose da fare, riuscire a lavorare prima, in gruppo.»
Conversano ha sottolineato come il problema sia più rilevante nel Mezzogiorno: «Il 42 per cento degli anziani meridionali è affetto da patologie croniche, a fronte del 30% del resto d’Italia. E poi c’è da affrontare altre patologie, terribili e non conclamate: la mortalità legata al Covid non è dovuta soltanto alla comorbilità, ma a tanti altri fattori, tra cui la povertà, la solitudine.»
D’accordo con questa lettura della pandemia Deborah Ciliento, consigliera regionale componente della Commissione Sanità e Welfare: «Gli anziani hanno patito il Covid ancora di più perché erano soli, ospedalizzati. Questa terribile esperienza ci ha insegnato che non possiamo lasciare sole le persone fragili, tanto più abbandonandole in una casa di riposo o in un letto d’ospedale.» La consigliera ha avanzato una proposta suggestiva: «Utilizzare i percettori di reddito di cittadinanza attraverso progetti individualizzati articolati dai servizi sociali. Sono necessarie risposte nuove, in un’ottica territoriale e comunitaria.»
Per Pasquale Chieco, sindaco di Ruvo di Puglia e delegato al Welfare di ANCI Puglia, è necessaria una nuova e diversa governance, fondata su una seria lettura dell’esistente: «L’inserimento dei LEPS nella legge di bilancio (i Livelli essenziali delle prestazioni sociali destinate agli anziani non autosufficienti o con ridotta autonomia, n.d.r.) costituisce una positiva base di partenza per affrontare la materia in modo più sistematico di quanto non avvenga adesso. Il ruolo degli enti locali è fondamentale.»
Anche per Paola Povero, consigliera delegata al welfare della Provincia di Lecce, siamo in una fase nuova e stimolante: «La politica si sta riappropriando di questi temi, le politiche della fragilità non sono più residuali, sono tornate al centro dell’agenda politica. La riforma può produrre effetti positivi sul lavoro femminile, da un lato alleggerendo il carico di cura familiare sulle donne, dall’altro offrendo loro nuove prospettive occupazionali.»
Articolato e approfondito l’intervento di Biagio D’Alberto, componente della direzione regionale di Auser Puglia: «Credo sia necessario partire da quello che c’è in Puglia: capire come siamo messi e poi cercare di capire cosa può arrivare dalla bozza di legge di Livia Turco: come si può intrecciare quello che c’è con quello che verrà.»
Per D’Alberto, la strada è in salita: «L’interazione delle politiche sociosanitarie con la domiciliarità non ha trovato fino ad oggi in Puglia un’adeguata risposta. La rete di assistenza va potenziata, come dice anche il piano regionale sul welfare, non dimenticando però che la Puglia sconta gli effetti delle politiche di rientro che hanno determinato pesanti tagli alla spesa. Punti unici di accesso e servizi multidisciplinari sono già presenti, è la qualità e la quantità delle prestazioni che produce criticità e differenze anche all’interno dello stesso territorio regionale. La scommessa è investire sui servizi e sulla domiciliarità, investire sulle risorse umani e strumentali, obiettivi non facili da raggiungere, viste le ristrettezze del bilancio regionale. Il confronto, la riflessione, la discussione sono essenziali, dobbiamo puntare anche a strumenti innovativi. »
«Case ed ospedali di comunità – ha concluso D’Alberto – sono importanti, ma il bello deve ancora venire e riguarda la fase dell’integrazione tra le politiche sociali e quelle sanitarie. La domiciliarità non può ridursi all’ADI, ma deve essere supportata con il rafforzamento della continuità assistenziale, delle telemedicina, del telesoccorso.»
Decisamente concreto e operativo anche il taglio dell’intervento di Domenico De Santis, vice capo di Gabinetto della Regione Puglia: «Abbiamo una straordinaria opportunità di fronte a noi. La mano pubblica sta gettando nel sistema economico una qualità di danaro importante, quasi un nuovo piano Marshall. È necessario capire cosa mettere dentro gli ospedali di comunità e le case di comunità, farle diventare il vero luogo in cui qualifichiamo i servizi alla persona.»
La regione prevede 121 case di comunità e 39 ospedali di comunità, che assieme al potenziamento della domiciliarità dovrebbero aprire una nuova stagione per la medicina del territorio. «Stiamo investendo in servizi di diagnostica, servizi infermieristici orientati alla domiciliarità – ha detto ancora De Santis – ma è necessario che tutto il sistema faccia la sua parte. È fondamentale coinvolgere nelle strutture i medici di base, ai quali lanciamo una sfida affinché cambiano culturalmente, sollecitandoli all’aggregazione, per garantire un’assistenza h24 negli ospedali di comunità.»
Ha concluso i lavori Gianni Forte, segretario generale Spi Cgil Puglia: «Abbiamo messo tanta carne a cuocere, e sono soddisfatto perché era questo il nostro obiettivo: avviare una riflessione corale e pubblica. Anche per questo abbiamo voluto tenere questo incontra nella piazza virtuale delle Agorà Democratiche. Lo Spi Cgil è in trincea per denunciare l’enormità di un dramma dimenticato. Nel nostro paese vivono 3 milioni e 800 mila anziani non autosufficienti, di cui 3 milioni e mezzo stanno a casa con problemi non soltanto di salute, ma di solitudine, igiene personale, mobilità, e tutti i problemi che afferiscono all’abitare. È tutta una partita che va affrontata, il principio del curarsi a casa è sacrosanto, e va perseguito anche attraverso l’uso delle tecnologie. Il sindacato si batterà fino in fondo per raggiungere l’obiettivo fissato dal PNNR che è quello di raddoppiare l’utenza dell’assistenza domiciliare, e di incrementare sensibilmente l’assistenza domiciliare integrale, attualmente ferma alla media davvero scarsa di 18 ore/anno.»
Forte ha auspicato una sperimentazione del modello USCA (le Unità Speciali di Continuità Assistenziale istituire per fronteggiare l’emergenza Covid, n.d.r.) anche sul terreno della domiciliarità.
Il segretario generale del sindacato dei pensionati pugliesi della Cgil ha chiuso il suo intervento annunciando un’altra battaglia che a breve vedrà impegnata l’organizzazione: «Non dobbiamo dimenticare il dramma dei drammi che è quello delle liste d‘attesa, ormai diventate proibitive. L’efficienza del sistema sanitario viene misurata sulla sua capacità di garantire le prestazioni in un tempo debito. In Puglia la situazione è disastrosa. Un sistema sanitario che non è in grado di assicurare prestazioni e servizi ai suoi utenti in un tempo accettabile è un sistema che non funziona. È necessario affrontare e risolvere questo problema una volta per tutte.»

[Se volete guardare il video integrale della tavola rotonda, cliccare qui.]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *